La Perugina, welfare aziendale storico

da | 21 Mar, 23 | Storia, Il Welfare

La Perugina, fabbrica della cioccolata, è stata un esempio di imprenditorialità geniale tipicamente italiana. È un caso studiato anche per la presenza di un archivio aziendale ben custodito che ha consentito di ricostruire la storia aziendale e il succedersi delle generazioni con una certa precisione. La famiglia Buitoni, originaria di Sansepolcro in Toscana, iniziò l’attività con la produzione della pasta e dei confetti. Il trasferimento a Perugia vide, nel tempo, il predominio del ramo umbro della famiglia e la creazione di una fabbrica dolciaria che, divenne la principale azienda nel settore, superando anche la concorrenza di più titolate aziende del nord Italia. Le ragioni del successo si possono trovare in un costante aggiornamento dei prodotti con una grande genialità nell’idearne di nuovi come la Rossana e il Bacio, ormai famoso in tutto il mondo.  Altre scelte di successo riguardarono il posizionamento nei mercati nazionali con attenzione a quelli del sud Italia e di Roma e la scelta del settore del “lusso” nel settore della cioccolata, curando la qualità del prodotto e la sua confezione.  La cura dei dettagli fu accompagnata dall’ingresso diretto nel settore delle confezioni attraverso l’acquisizione di una tipografia e di presenze rilevanti nel settore delle ceramiche. Ancora oggi a Deruta è possibile vedere gli esempi della lunga collaborazione fra l’azienda e i ceramisti di Deruta. Artisti di prestigio nazionale vennero chiamati a far parte di un comitato che doveva sviluppare il bello nella creazione delle confezioni.

Un’altra delle ragioni di questo successo fu l’organizzazione del lavoro. Nella seconda metà degli anni venti la fabbrica fu ristrutturata secondo le modalità della catena di montaggio, lasciando però il lavoro di qualità e “quasi” artigianale” nei settori più delicati come il confezionamento. Questa riorganizzazione, che anticipò i tempi, consentì alla azienda di rimanere redditiva anche durante la crisi del 1929. La riorganizzazione del lavoro comportava la perdita di autonomia del lavoratore rispetto alla situazione di lavoro artigianale. La catena di montaggio è un modo di lavoro spersonalizzante e quindi foriero di conflitti sociali. Nel caso della Perugina questo però non avvenne. L’azienda aveva sviluppato un “welfare aziendale   in anticipo sui tempi ma estremamente gradito ai dipendenti. L’azienda, anche per l’ispirazione di Luisa Spagnoli, non proprietaria della azienda, ma legata a Giovanni Spagnoli, promosse vare iniziative per il personale che mantennero in azienda un clima positivo. In azienda furono creati la cassa-mutua malattie, una cassa interna di deposito dei risparmi, la possibilità di anticipo ai dipendenti per l’acquisto della casa o altre necessità, il servizio mensa, il servizio tranviario scontato e molteplici iniziative di dopo-lavoro. Non mancavano anche la filarmonica per l’insegnamento della musica e corsi per le lingue.Si trattava di provvidenze non previste dalla legge che però contribuirono a creare un ambiente positivo in fabbrica. Durante il fascismo l’azienda divenne un esempio e fu anche visitata da Mussolini. Il personale dell’azienda, essenzialmente femminile, poteva contare inoltre su una sala di allattamento dove le operaie potevano lasciare i neonati. Questa iniziativa fu sviluppata, nel secondo dopoguerra, con l’istituzione di un vero e proprio asilo aziendale. Interessante anche la storia di questa struttura. Dopo la acquisizione della Perugina da parte della Nestlé essa fu chiusa perché non rientrava nelle politiche della multinazionale. Dopo alcuni anni però l’asilo fu ripristinato con un significativo calo delle assenze del personale dipendente. La visione di Luisa Spagnoli e di Giovanni Buitoni nella gestione del personale erano state quindi più efficaci di quelle della grande Nestlè.

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Autore

Vincenzo Silvestrelli

Vincenzo Silvestrelli

Presidente di Eticamente. Ha lavorato presso ELIS e presso Banca dell'Umbria